ragazza che beve un bicchiere di latte

Latte: 3 falsi miti da sfatare

Il latte a lunga conservazione (UHT) è meno nutriente di quello fresco

Si tratta di una delle false convinzioni più diffuse.

La sigla UHT sta per ultra high temperature e fa riferimento al passaggio a una temperatura di 140 gradi a cui il latte viene sottoposto per alcuni secondi, con il duplice obiettivo di:

  • distruggere i batteri patogeni,
  • permettere una conservazione del prodotto molto lunga, 3-6 mesi, anche a temperatura ambiente.

Il processo è analogo alla pastorizzazione, dove però il riscaldamento del latte si ferma una temperatura di 72 gradi per 15 secondi. Anche la pastorizzazione distruggere i batteri patogeni, ma non le spore termoresistenti. Per questo il latte pastorizzato può essere conservato solo in frigorifero e per non più di 6 giorni.

Cosa accade però dal punto di vista nutritivo? In effetti il latte a lunga conservazione subisce una alterazione dei suoi nutrienti:

  • perdita di circa il 6% del valore biologico delle proteine (quindi pressochè insignificante)
  • qualche variazione nel contenuto della vitamina D e soprattutto della vitamina A. In quest’ultimo caso, la variazione è importante, perché il latte è una delle fonti principali di queste vitamine per gli umani;
  • la vitamina B1 ha una riduzione del 30% e anche la B12, mentre la B2 e la niacina, termostabili, non subiscono alterazioni;
  • la vitamina C si riduce fino al 50%. Tuttavia questa alterazione è poco importante, perchè gli umani assorbono questa vitamina da altre fonti.
  • nessuna influenza sui grassi presenti;
  • e veniamo al calcio, minerale per il quale il latte è fonte preziosa. Ebbene, per quanto riguarda i minerali, il trattamento UHT non comporta nessuna variazione, per cui la quantità di calcio resta invariata anche dopo il trattamento.

Complessivamente quindi, rispetto al prodotto fresco, il latte a lunga conservazione perde poco del suo valore nutritivo, e queste poche perdite sono ampiamente compensate dalla possibilità di poterlo distribuire più facilmente e conservare senza il vincolo della catena del freddo.

Il latte magro contiene meno calcio

Al secondo posto delle convinzioni sul latte è il fatto che il latte scremato contenga meno calcio rispetto a quello intero.

è noto che il latte, con i suoi derivati, costituisca una importante fonte di calcio facilmente assorbibile, grazie anche alla azione della caseina.

Composizione del latte intero per 100g
87 grammi di acqua,
appena 3,6 grammi di grasso
4,9 grammi di zuccheri,
3,3 grammi di proteine,
34 milligrammi di colesterolo
apporta solo 65 chilocalorie)

Nonostante questi valori viene stranamente etichettato come “alimento grasso”.

Un equivoco che da una parte ha spinto alcune persone a orientarsi verso le bevande vegetali (di soia, di riso, di mandorle, ecc.) che non devono essere definiti “latti” (“latte” può essere denominato soltanto il prodotto della secrezione delle ghiandole mammarie).

D’altro lato un’altra fetta di consumatori si è spostata verso il latte parzialmente scremato (1,5 grammi di grasso, 45 chilocalorie e 7 milligrammi di colesterolo per 100 grammi) o totalmente scremato (0,2 grammi di grasso, 36 chilocalorie e solo 2 milligrammi di colesterolo per 100 grammi).

Sebbene possano essere considerate scelte condivisibili, la parte divertente è la motivazione di questa scelta, ossia che il latte scremato, nel processo di produzione, perda il contenuto di calcio, oltre alla maggior parte dei grassi .

In realtà questa convinzione non è vera: la quantità di calcio in milligrammi presente nei diversi tipi di latte è circa la stessa.

Il latte cura l’ulcera

Diciamo che quando arriva nello stomaco, il latte in effetti attenua un po’ i sintomi dell’acidità. Questo non significa che il latte costituisca una cura. Anzi, a lungo andare, si ottiene l’effetto contrario perchè la digestione va a stimolare la produzione di acidi.

Per ulteriori info: Marcello Ticca, Miraggi alimentari, Laterza (pagg. 20-23)

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