Le ville medicee da visitare a Firenze e in Toscana

Tra Firenze e Prato, sedi della vita nobiliare e artistico-culturale della famiglia Medici, la casata che a partire dal 400 contribuì a rendere Firenze e il suo territorio la capitale del Rinascimento, si trovano 12 ville e 2 giardini ornamentali disseminati nel paesaggio toscano.

Queste dimore rappresentano esempi raffinatissimi del mecenatismo della famiglia, veri e propri luoghi di elaborazione dei valori dell’umanesimo e del rinascimento stesso. E un modello per le ville e i giardini di tutta Europa, al punto da diventare parte del patrimonio mondiale dell’umanità dell’Unesco.

Durante la loro continua evoluzione nel corso di circa tre secoli di egemonia dei Medici che influenzarono l’Italia e l’Europa intera, non solo dal punto di vista economico e politico ma soprattutto artistico e culturale, le ville e i giardini medicei diventarono luoghi deputati alla creatività, alla contemplazione della natura, al mecenatismo delle arti, al collezionismo, alla sperimentazione in campo artistico e scientifico o ingegneristico.

Si pensi non solo agli artisti che contribuirono a realizzare e impreziosire questi ambienti, ma anche alle personalità che in esse si confrontarono: Leon Battista Alberti, Tiziano, Pico della Mirandola, Marsilio Ficino, Galileo e in generale l’accademia neoplatonica, voluta e riunita da Lorenzo de Medici nella villa di Careggi.

Ma queste ville sono anche luoghi che permettono ai Medici di dedicarsi all’intero ventaglio delle proprie passioni, non solo all’arte e al mecenatismo, ma pure alla vita nella natura, alla caccia, alla convivialità, alla corte o alla cucina.

Villa Medicea di Poggio a Caiano

Durante la 2a guerra mondiale, la villa di Poggio a Caiano non era bombardabile, quindi è rimasta integra. Per questa ragione, tutti i dipinti, le cose artistiche, le meraviglie di Firenze, furono portate lì, al sicuro.

Per esempio ci volle un giorno intero per trasportare il cavallo di Cosimo I da Piazza della Signoria a Poggio a Caiano. Era l’agosto del 1943.

La forma architettonica della villa con giardino costituisce una forma residenziale principesca innovativa che si distingue profondamente dai casali rurali e dai castelli o dalle rocche dei signori feudali. La villa con giardino è un prodotto esemplare del programma culturale dell’umanesimo e del rinascimento fiorentino, dove il rapporto tra sede politica e amministrativa, villa e possedimenti fondiari circostanti è armonico rispetto al paesaggio.

La realizzazione della Villa Medicea di Poggio a Caiano segna insomma il passaggio da un’epoca, il Medioevo, in cui in Europa dominava il territorio ma al contempo se ne staccava, ad un’altra, il Rinascimento, ma più in generale l’epoca moderna, dove il ruolo della villa e di conseguenza dei signori che la abitavano, si compenetrava con le terre circostanti, con le quali era in costante rapporto.

Si stabilisce così un prototipo per le future realizzazioni di architetture suburbane residenziali, in Italia e all’estero.

Se la grande novità rinascimentale è l’invenzione della villa con giardino, allora che dire del giardiniere?

In realtà la cultura del verde ha una storia pazzesca. I primi giardini esistono già nel 3.000 avanti Cristo, ai tempi dei sumeri, per poi arrivare alla magnificenza dei giardini egiziani. Purtroppo buona parte della cultura botanica andò persa con il Medioevo ma poi rifiorì nuovamente nel rinascimento. 

Dal punto di vista estetico e artistico lo sviluppo della tipologia dell’architettonica della villa coincide con una compenetrazione sempre più organica tra architettura e arti figurative, a cui contribuiscono alcuni tra i massimi artisti del periodo tra cui si citano, a titolo di esempio, Michelozzo, Bernardo Buontalenti, Bartolomeo Ammannati, Gianbologna.

Commissionata da Lorenzo il Magnifico ed eretta in una splendida posizione alle pendici del Montalbano, la prima pietra della Villa di Poggio a Caiano, fu posta da Lorenzo nel 1483. Con lui era presente anche il figlio Giovanni, che allora aveva 8 anni, e che 13 anni più tardi sarà eletto papà con il nome di Leone X.

La struttura, progettata da Giuliano da Dan Gallo in costante dialogo con Lorenzo stesso, prima ancora di essere completata, venne celebrata come massima espressione della magnificenza laurenziana.

L’edificio rappresenta il prototipo della villa rinascimentale per elementi come la compenetrazione tra interno ed esterno.

Tra le innovazioni originali per l’epoca, il porticato al pian terreno crea un rapporto quasi osmotico con il paesaggio esterno. Il colonnato ionico e il frontone  classicheggiante al piano nobile, avranno un’immensa fortuna e saranno citate anche da Palladio nelle sue ville venete.

La struttura appare conservata quasi integralmente, anche se alcune modifiche si sono succedute nel corso dei secoli. Le rampe curve della facciata, per esempio, sono dell’inizio dell’800 e sostituiscono quelle rettilinee che aveva progettato Giuliano da San Gallo e che sono ancora visibili nella lunetta annessa.

Tale centralità logistica, comportò la costruzione, tra il 5 e il 600, di importanti annessi, come le grandiose cucine, le solenni scuderie, alle quali lavorò tra l’altro anche il Tribolo e le cui dimensioni imponenti sono tali da farle sembrare una sorta di basilica laica.

Il recupero consapevole e programmatico degli elementi architettonici classici, si ritrova nell’utilizzo della volta a botte sia per il loggiato del primo piano, sia per il salone centrale più grande della villa, noto come salone di Leone X, portato a compimento dopo il rientro dei Medici a Firenze nel 1512.

Il salone ospita uno dei cicli pittorici più importanti del 500 toscano, con affreschi eseguiti a partire dal secondo decennio del secolo, da Pontormo, Andrea del Sarto, Franciabigio, e portati a termine circa mezzo secolo dopo da Alessandro Allori.

Il ciclo celebra le vite di Cosimo il Vecchio, di Lorenzo il Magnifico, mediante la rappresentazione di episodi della storia romana antica, alternati a soggetti mitologici che allegorici. Le decorazioni più antiche della villa sono invece state eseguite per la loggia del primo piano, dove Filippino Lippi ha affrescato il sacrificio di Laocoonte, attualmente in restauro.

Villa Demidoff e il Parco di Pratolino

Il giardino o parco di Pratolino, che fa parte di Villa Demidoff, fu acquistato nel 1569 da Francesco I de Medici. Sotto la guida di Bernardo Buontalenti, lo trasformò in un grande parco moderno, dove furono realizzati quegli ingegni magnifici, le opere miracolose, gli stupendi artifici che dettero tanta fama e celebrità a Pratolino da farne un giardino delle meraviglie.

I suoi visitatori rimanevano stupiti dalla prodigiosa bellezza del posto, mentre architetti ed esperti di idraulica cercavano di appropriarsi delle soluzioni tecniche adottate.

Il parco ha subito cambiamenti nei secoli e, tra le testimonianze del passato ancora presenti c’è l’imponente e bellissima statua del colosso dell’Appennino del Giambologna, che aveva al suo interno splendide grotte con decorazioni, affreschi e giochi d’acqua, oggi perduti.

La Villa Reale di Castello

In queste ville rinascimentali i Medici si divertivano veramente tanto. I Medici hanno inventato i giochi da tavolo.

Dal 1974 la villa di Castello ospita la più antica Accademia linguistica del mondo, la Crusca, baluardo sorto nel 1583 a difesa della purezza della lingua italiana. Nonostante il valore culturale dell’istituzione, l’importanza del vocabolario da essa stilato fin dal 1612, e l’influenza sulle altre istituzioni linguistiche del mondo, le sue origini sono informali e burlesche e la brigata dei crusconi, che inizialmente si riuniva intorno a Leonardo Salviati, si contrapponeva alla pedanteria dell’Accademia Fiorentina con umorismo, satira e ironia. Dal 2014 il presidente dell’Accademia della Crusca è un professore piemontese, Claudio Marazzini.

La villa di Castello è una delle più antiche residenze suburbane della famiglia Medici che la possedette fin dal 1477, quando fu acquistata dai Della Stufa.

Il suo nome non deriva da un’antica fortificazione ma dal termine latino Castello ovvero cisterna. 

La villa infatti è posta lungo il tracciato di un antico acquedotto romano, le cui acque confluivano in un grande serbatoio che era lì attraverso un percorso interrato per poi tornare in superficie tramite delle arcate. 

Fu la dimora prediletta da Cosimo I, figlio del celebre Giovanni dalle bande nere, e primo granduca di Toscana, che ci abitò fin dall’infanzia e che dopo i travagli della sua prima fase di governo, come racconta Vasari, “cominciò a pigliarsi qualche spasso, particolarmente frequentando assai la villa di Castello”.

Le origini del complesso sono legate alla presenza dell’acquedotto romano, che ispirò e permise la realizzazione del giardino all’italiana, ornato dall’inserimento di sculture e fontane tutte animate da giochi d’acqua. Molto spettacolare per esempio, era il getto che era alto 6 braccia, oltre 3 metri, che saliva dalla bocca della statua di Anteo mentre veniva stritolato da Ercole.

Il giardino fu così trasformato in una grandiosa celebrazione del dominio sulla natura, un tempo selvaggia, attraverso la simbologia rappresentata dalle sue statue e dalle fontane. Vasari lo definì “il più ricco giardino d’Europa”.

Successivamente il giardino di Castello divenne, assieme a Boboli, il luogo prediletto dai Medici per dare spazio alle sperimentazioni naturalistiche e al collezionismo botanico, raccogliendovi piante rare ed esotiche, ricostruendovi spazi adeguati a conservarle. Basti pensare alla famosa Stufa dei Mugherini, la serra costruita nel giardino segreto di levante, fatta realizzare da Cosimo III per proteggere il rarissimo gelsomino indiano di Goa, donatogli dal re del Portogallo nel 1688.

La villa, ma soprattutto il parco, subirono un’abbondante trasformazione durante il granducato dei Lorena, che succedettero ai Medici a partire dal 1737. Secondo la moda dell’epoca infatti, si preferì sostituire la struttura cinquecentesca con un parco all’inglese. I vivai furono interrati, molte statue spostate, smantellate le fontane e i giochi d’acqua. L’aspetto attuale del giardino corrisponde, più o meno, a quest’ultima trasformazione.

Articoli simili